RACCONTO: Rob29xDaddy

 

Rob29xDaddy

(di Età-Beta 1)

Seduti davanti a un bar, un po’ imbarazzati, ci guardiamo. Roberto mi piace. Statura media, un corpo compatto e ben proporzionato, occhi chiari che brillano, sguardo deciso. Sono già attratto da lui. I suoi modi un po’ bruschi, in contrasto col sorriso che gli brilla negli occhi e che gli dà un’aria da ragazzino, nascondono una timidezza e una remissività che non sfuggono ad un osservatore attento. È la prima volta che ci vediamo. Ci siamo incontrati virtualmente in una chat solo il giorno prima. Lui ha 29 ann e di fronte ai miei 76 non si è turbato, anzi mi ha subito proposto di incontrarci aggiungendo che ama da sempre la compagnia di persone più grandi di lui.

Alla mia età non mi faccio illusioni e raramente incontro qualcuno contattato in chat. Amo vivere queste esperienze come un bambino a cui è stata regalata una scatola di dolci e vi si è avventato con golosità, ma che ad un certo punto si è accorto che la scatola è quasi vuota e si ferma a considerare come centellinare i dolci rimasti. Quei pochi piaceri che posso ancora godere li voglio gustare lentamente. 

Roberto è di poche parole.  È come se facesse uno sforzo a rispondere alle mie domande, mi ha detto che lavora presso uno studio di architetti e pochissimo d’altro, ma quando gli propongo di salire da me: “Ok, molto volentieri, vado a pagare”, e come se dicesse: “Finalmente, non aspettavo che questo” entra nel bar senza darmi il tempo di dire “Aspetta, pago io”.

Entriamo in casa senza parlare, ma gli sguardi mi dicono che è contento del nostro incontro. Il tempo di chiudere la porta e già si stringe a me, e io sentendo premere la sua erezione, provo un senso di smarrimento. “Aspetta, non c’è fretta. Fatte con calma le cose si assaporano di più”.  “Ok, scusa”, e arrossendo si stacca da me, ma io lo trattengo e cerco le sue labbra che egli mi offre con arrendevolezza.

Quando gli chiedo di dirmi qualcos’altro  di lui, per tutta risposta mi mette la mano sul pacco. Capisco che ha proprio una avversione per le parole,  non so se per timidezza o perché ha modi di comunicare diversi dai miei. Decido comunque di assecondarlo. Lo stringo a me e lui, docile, si abbandona.

Infilo la mano sotto la sua t-shirt, sbottono lentamente i pantaloni e tiro giù la lampo. Resto incantato a contemplare quel gonfiore che preme contro gli slip. Con la mano tremante glieli abbasso. Il suo cazzo è sontuoso, duro come pietra, eretto, puntato verso di me come un’arma.  Quasi non oso toccarlo. Mi chino e avvicino le labbra, sfiorandolo appena. Poi lentamente vado con la lingua fino alla radice. Con delicatezza comincio ad andare su e giù con la bocca. Mi piace il suo sapore, il suo odore e quando spinge lentamente il suo cazzo fino a farmelo arrivare in gola, è come se le mie membra si risvegliassero e fossero attraversate da una fiamma.

 Una volta mi ha detto che spesso è fuori per lavoro, ma ho imparato a fare poche domande.  La sua libertà e la sua sicurezza mi sorprendono sempre. Quando ci incontriamo si scatena: mi vuole penetrare e vuole essere penetrato e un giorno, prevenendo una mia titubanza,  mi ha detto sorridendo di non preoccuparmi: esistono giocattoli che suppliscono a eventuali défaillances.

Fa sempre tutto con diligenza: va in bagno, prende la crema, i preservativi e dispone tutto sul comodino. Se mi avvicino alla finestra e abbasso la serranda perché ad una certa età sono preferibili le luci basse e soffuse, lui protesta, gli piace guardarmi. Un po’ riluttante lo accontento, rialzo un po’ la serranda, lui con calma toglie i pochi indumenti rimasti e mi viene vicino abbassandosi fino a prendere il mio cazzo in bocca. Poi si gira e, continuando a lavorare col mio cazzo, mi offre il suo che io prendo in bocca come un dono. Lo accarezzo dappertutto. La sua pelle liscia, abbronzata, vibra sotto le mie mani. Il culo è bianco con il segno del costume da bagno che esalta tutto quello che durante l’estate è stato nascosto. Quando gli metto le mani sul culo fa in modo di girarlo verso di me. Inumidisco un dito con la saliva, cerco l’orifizio e lentamente gli vado dentro. Lui lascia fare. Lo sollevo lentamente e vado con la lingua a inumidire ancora il suo buchetto. Sento che gli piace e continuo. Poi lo sposto un po’ e con il mio dito nel suo culo, riprendo il cazzo con la bocca e vado su e giù. Alterno la bocca con la mano finché sento che sta per venire. Allora accelero i movimenti e lui ansimando mi riempie la mano del suo sperma. Mentre mi pulisco, lui con un balzo scende dal letto e va in bagno. 

 “Debbo andare”

“Ok”

 “Ma tu non sei venuto”

 “Non ho venti anni e si può provare piacere a fare sesso anche senza venire. Non è importante. Sto benissimo”.

 Lo osservo mentre comincia a vestirsi. Spavaldo, col cazzo ancora dritto, le chiappe alte e dure, i capelli arruffati, mi sembra uno di quei satiri che gli antichi scolpivano per esaltare la fertilità. “Sei bello”, gli sussurro e lui, sfiorandomi “Ma sei eccitato. Dai, ti faccio venire’. “No no, va bene così”, ma lui si è già impossessato del mio cazzo. Tutto nella sua bocca sento salire la mia eccitazione. Il suo impegno mi commuove fino alle lacrime. Quando sento che sto per venire provo ad allontanarlo, ma lui non si stacca finché il mio fiotto non inonda la sua bocca. Un attimo di silenzio, corre in bagno. Sento l’acqua che scorre e poi la sua voce: “ Scusa, posso usare un po’ del tuo colluttorio ?. “Si, certo, non c’è bisogno di chiederlo”.

Torna in camera e ricomincia a vestirsi. “Scusami” dico io” non volevo”. “Che cosa?” E mi sorride.

 “Non volevo venirti in bocca”, dico io sottovoce.

 “E perché? Io lo volevo e mi è piaciuto”. Sorridendo finisce di vestirsi, raccatta le sue cose e si avvia verso la porta. Sono frastornato.

È un anno che ci frequentiamo, ma per me, rimane l’amante misterioso. Perché mi frequenta?  Di fronte alla sua vitalità, a volte sento con disagio tutta la fragilità della mia età. Una volta che ho provato a capire la natura della nostra frequentazione mi ha detto: “Non vorrai mica psicanalizzarmi pure tu. Non cerco padri e le persone che vogliono psicanalizzarmi mi annoiano. È così e basta”.  L’ho rassicurato, e mentre mi saluta con un sorriso d’intesa, mi chiedo se il suo rifiuto di spiegazioni e la sua allergia alle parole non siano una forma di saggezza e di libertà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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