By AltreStorie |
Per Andrea Pini, lo storico attivista, tra i fondatori del Circolo Mario Mieli, per difendere diritti e visibilità ci servono meno personalismi e più senso di comunità
Tra le voci del nostro progetto non poteva mancare Andrea Pini, ex insegnante di scuola superiore da poco in pensione e storico attivista del movimento Lgbtqi italiano sin dal 1979, quando ha organizzato una delle prime manifestazioni di piazza a Pisa. Nel 1983 è stato tra i fondatori del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli di Roma, divenendone il terzo presidente tra il 1989 e il 1993. Importante anche la sua opera di saggista e storico del movimento con “Omocidi. Gli omosessuali uccisi in Italia” (Stampa alternativa 2002) e “Quando eravamo froci” (Il Saggiatore 2011).
Ma siccome chi come Andrea ha l’impegno civile nel sangue resta sempre attivsta e guarda sempre avanti, da qualche anno assieme a un gruppo di persone Lgbtqi ‘over’ ha dato vita all’Associazione Agapanto, anziane/i per Lgbt per una coabitazione sociale.
Dopo una vita da attivista da qualche anno con un gruppo romano avete dato vita ad Agapanto, associazione che prova a dare risposta alle esigenze di socialità, solidarietà, condivisione e coabitazione di anziani/e Lgbti. Quali sentimenti si respirano all’interno di questa rete rispetto a una malattia che colpisce così duramente in particolare nelle fasce di età più avanzata?
Agapanto è un’associazione giovane – nonostante le nostre età assai adulte – e ancora poco strutturata. La dirigenza è fatta da un gruppo di 6 persone e l’associazione nel suo complesso non arriva a 50 soci. Il nostro modo di comunicare in questo periodo è essenzialmente tramite il gruppo su whatsapp (Età-beta) che condivide le esternazioni di 32 persone. Ogni giorno ci scambiamo molti messaggi, alcuni di pura evasione e divertimento (vignette che girano sulla rete), altri di informazioni utili (numeri di telefono per assistenze varie, visite guidate virtuali in musei e siti di interesse culturale).
Negli ultimi giorni si è sviluppato un dibattito sul rispetto dei diritti delle persone anziane che taluni sentono minacciati da eventuali provvedimenti restrittivi ad hoc. C’è molta voglia di libertà e di autodeterminazione. Dal gruppo non emergono vissuti di disperazione o paure, al contrario i partecipanti si mostrano lucidi e positivi.
In “Quando Eravamo Froci” hai analizzato com’era la vita delle persone omosessuali in Italia nella prima metà del 900, prima che il 68 e i pride aprissero una nuova stagione di visibilità, lotte e possibilità di costruire identità a livello individuale e collettivo. Con l’occhio da studioso come vedi la comunità Lgbtqi oggi?
Non la vedo molto, la frequento poco anche sui social. Le cose più interessanti che mi sono capitate sotto gli occhi (di sicuro ce ne sono altre ma non le ho viste né cercate) mi sembrano la Rete Lenford e il tentativo, temo velleitario, di creare un archivio LGBT nazionale che sarebbe bene non fosse gestito dalle singole associazioni ma da una fondazione nazionale indipendente.
Cito anche l’interessante corso di Storia contemporanea su “Diritto, storia cittadinanza delle persone LGBTI” che sta facendo il prof. Domenico Rizzo all’Università di Napoli.
Quanto alle associazioni politiche mi sembrano del tutto ininfluenti al momento, anche perché purtroppo non sono all’ordine del giorno i due provvedimenti legislativi che servirebbero (matrimonio egualitario e legge antidiscriminatoria). E poi ci sono gli anziani come l’associazione Agapanto, che per il momento è ferma. Ma per fortuna ci sono anche i giovani, che di solito sono portatori di novità e di salti in avanti!
Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiate le tue abitudini e le tue relazioni?
Paradossalmente lo sto vivendo molto bene. La situazione straordinaria ci limita molto, ma ci lascia anche uno spazio e un tempo nuovi. È come se fossimo dispensati dall’obbligo di una vita frenetica e piena di eventi, persone, cose, spostamenti. E togliendo tutto quelle cose, a sorpresa, ne rimangono molte altre come la lentezza, la mente sgombra dai programmi “esterni”, la possibilità di una cura maggiore di sé, del cibo che mangiamo, della casa.
La scoperta (o la conferma) che molte cose che credevamo indispensabili non lo sono, come i viaggi, l’andare dall’altra parte della città, i negozi, la necessità di incontrare dal vivo tante persone amiche….
Sono comunque un privilegiato, abito in una casa grande e luminosa, insieme ad un caro amico con il quale condivido “prigionia”, pranzi cene e pulizie; non lavoro (sono in pensione da pochi mesi); non ho problemi economici; e posso incontrare a piedi alcune persone care (ci incontriamo per fare la spesa insieme).
Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?
È vero. Si è fermato tutto il mondo aggregativo Lgbtqi. Penso che i ragazzi e le generazioni intermedie ne soffrano parecchio (noi più grandi ne soffriamo certo meno). Le persone Lgbtqi hanno più bisogno del resto della popolazione di incontrarsi e riconoscersi dato che siamo una minoranza di per sé non visibile.
Questo periodo di stacco potrebbe essere utile per rendere tutti più consapevoli del fatto che nulla è scontato, che certe cose sono conquiste da proteggere, che la visibilità è una costruzione politica e culturale. Sarebbe bello ripartire sapendo che siamo tutti uguali e tutti fragili, con meno presunzioni, meno voglia di affermare se stessi e più voglia di affermarci come comunità, meno interesse per il potere individuale, più voglia di potere collettivo e solidale. Non so come saranno i prossimi mesi, non lo sa nessuno. Credo che la nave ballerà parecchio, e noi siamo dentro questa nave Italia.
Le scuole sono state chiuse quasi subito e probabilmente non riapriranno fino a settembre. Da insegnante in pensione da pochi mesi, come ti sembra stia reagendo quel mondo? Vedi delle particolari criticità, per esempio nella formazione a distanza?
È incredibile come si fa presto, uscendo da un mondo che è stato il tuo mondo per quasi 40 anni, a sentirlo lontano e quasi estraneo. A parte questo credo che ora c’è l’occasione per sperimentare la didattica a distanza, l’uso più massiccio della tecnologia e degli strumenti multimediali. E credo che questo sia molto interessante e anche stimolante per tutti. Negli ultimi 10 anni nella scuola non si è parlato d’altro ma non si è trasferito nella lezione quotidiana quasi niente. Credo però che la lezione frontale, guardandosi in faccia, stabilendo un contatto di sguardi, creando una situazione di empatia simile a quella del teatro, sia almeno in parte insostituibile. Così come è insostituibile la dimensione collettiva della lezione. È un po’ come andare al cinema o vedersi un film in salotto. Per quanto riguarda l’applicazione pratica so dai miei ex colleghi che è tutto molto improvvisato, difficoltoso, faticoso da organizzare e da svolgere. Mi dicono che loro stanno lavorando il doppio. Ovviamente allo stesso stipendio.
Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
È una domanda difficile. Il mio desiderio utopico è che sia colta l’occasione per ripensare tutto, ma so che è solo un sogno rivoluzionario.
È tutto imprevedibile, potrebbe succedere come dopo la Prima Guerra Mondiale, con instabilità, crisi economiche, involuzioni nazionaliste e totalitarie. Oppure come dopo la Seconda, con una gran voglia di ricominciare, un boom economico, la nascita di una nuova Europa. Ma probabilmente nessuna delle due, o forse un misto fra le due. Oggi però sappiamo qual è la differenza tra vivere in democrazia e dentro un totalitarismo. E spero che questa consapevolezza ci salvi tutti quanti, come Italia e come Europa, perlomeno!
Il mio timore è che la fretta e la necessità di ricominciare ed andare veloci faccia perdere i più deboli socialmente ed economicamente, faccia perdere diritti, faccia perdere le donne (e le persone Lgbtqi). E poi che l’attenzione crescente che stava maturando sul clima subisca un arresto. Rischiamo meno regole e meno controlli sull’uso del territorio e delle risorse primarie, più inquinamento (basti pensare alle auto private che diventeranno il solo mezzo sicuro per spostarsi). Certo nei cambiamenti escono fuori anche opportunità positive, come il lavoro da casa o la possibilità di ricostruire una sanità pubblica decente, o di cose che ora non cogliamo. Confido che sapremo riconoscerle e utilizzarle. Facciamo gli scongiuri affinché l’attuale classe politica italiana sia all’altezza, se no saranno guai.
Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?
Anche in questo caso abbiamo bisogno di alleanze e le nostre possibili sodali possono essere solo le donne – quelle consapevoli dei ruoli, dell’oppressione. Quello della liberazione dall’oppressione patriarcale è un processo che immagino come inarrestabile.
Certo che se vincono gli Orban e i Salvini ci sarà un lungo periodo involutivo e tristissimo, ma non potrà che essere una parentesi. Nessuna donna vuole veramente tornare ad essere quello che è stata fino a 50 anni fa e nessuna persone Lgbtqi+ vuole tornare nelle catacombe. Solo estreme minoranze vogliono essere irregimate da bande di folli ultraortodossi come quelli del Convegno di Verona dello scorso anno. Siamo centinaia di milioni e il processo andrà avanti.
Anche qui l’inevitabile crisi economica che si aprirà rischia di remare contro di noi. A meno che prevalga un nuovo spirito solidaristico e costruttivo che sia la spinta per una nuova Europa e una nuova Italia. E, dato che questa crisi è più globale di qualsiasi altra crisi, molto di più della Seconda Guerra Mondiale stessa, una brezza di buona rinascita potrebbe spirare anche in altre parti del globo. Le nostre richieste di diritti penso che saranno le stesse che sono maturate in questi ultimi anni, matrimonio egualitario, adozione dei figli del partner, uguali diritti dei bambini e bambine nati da una coppia Lgbtqi+ rispetto agli altri bambini, una scuola attenta, rispettosa, colta sulle differenze, una vera legge antidiscriminatoria. Rispolvererei anche il vecchio diritto alla/alle visibilità! Perché siamo minoranza e dobbiamo sempre un po’ affermarci nella sfera pubblica, per esserci veramente come persone intere.