TI CONOSCO MASCHERINA!
(di Età Beta 5)
Alessandro usciva nel quartiere, come tutti in quei giorni
terribili, solo per fare un po’ di spesa e qualche passeggiatella solitaria.
Abitava, e abita ancora, nel quartiere Ostiense, nella parte prossima a
Piramide e quasi a ridosso della stazione omonima. Ma gli piaceva molto
vantarsi dichiarando che abita a Testaccio, in 10 minuti a piedi lui è in
centro e con i mezzi raggiunge in un attimo piazza Venezia. A casa non se
la passava male, era una casa comoda, piena di luce, aveva spazio per muoversi
e, pur essendo abbastanza ordinato, aveva anche il piacere di lasciare a mezzo
alcune cose, come la sua borsa delle collane. Questa troneggiava sul tavolo che
di solito utilizzava per il pranzo se aveva ospiti. Dato che in quel periodo
gli ospiti erano proibiti Alessandro si arrangiava sul divano con un vassoio,
mentre divorava le sue ore di tv insieme al cibo, perché non poteva esistere il
silenzio nella sua casa. La tv mi fa compagnia - sentenziava ogni volta che
qualcuno si lamentava per il televisore sempre acceso. Sì ma ti inebetisce
anche – suggeriva il suo amico Matteo, che spesso andava a trovarlo, quando
ancora era consentito. Non è vero – rispondeva cocciuto Alessandro – a volte mi
fa solo da sottofondo e poi io seleziono, vaglio, ricevo solo quello che mi
interessa.
Sì vabbè, vagli – ribatteva velenoso Matteo – tu bevi tutto,
e non mi riferisco a quello che fai a letto, con i tuoi amanti.
La borsa delle collane era piuttosto una valigia e,
spalancata, ricolma di perline luccicanti, occupava i tre quarti del tavolo.
Nello spazio rimanente giaceva un rotolo di filo di nylon, una pinzetta adatta
a sigillare le chiusure, gancetti da chiusura, e una collana in via di
realizzazione a perle di diversa grandezza, lucenti, nei colori del nero e
dell’ambra.
Era il suo passatempo, lo sfogo del suo lato creativo, la
realizzazione della sua femminilità e della sua frociaggine esuberante. Aveva
anche altri modi per dimostrare ai convitati, quando si poteva ancora riunirsi
per cene o per feste, di che pasta era fatta la sua indole, così mascolina
nelle fattezze del corpo e altrettanto femminile nelle identità profonde.
Sapeva lavorare a maglia, cucinare, ballare, fare sfilate di alta moda anche
senza capi di alta moda, o senza capi del tutto. Sapeva camminare a meraviglia
su tacchi vertiginosi ma inesistenti. Sapeva ridere raccontando barzellette e
storielle davvero divertenti, ma aveva anche la pessima abitudine di prendere
di mira uno dei suoi stessi ospiti, così da creare una gag in cui il o la
malcapitata aveva sempre la peggio, atterrata dalle sue battute martellanti,
mirate a evidenziare un difetto della povera vittima.
Ma ora stava in casa da solo il nostro poliedrico Alessandro
e il suo unico sfogo, a parte le collane, erano le piccole passeggiate che si
poteva concedere.
Una delle mattine del periodo di clausura stava
passeggiando, o meglio percorrendo, le strade intorno a casa per raggiungere il
supermercato Sma, che stava a pochi isolati. Ogni volta che usciva si divertiva
a guardare gli uomini con la mascherina che incrociava. Da soli, con la donna
al fianco, con il cane al guinzaglio, in tenuta da corsa … Ogni volta cercava
di incrociare il loro sguardo e fantasticava sul chi e sul come. Spesso quegli
uomini di passaggio, incuriositi a loro volta dallo sguardo sfacciato del
nostro Alessandro, lo fissavano, chi per un attimo ma dritto negli occhi, chi
con lo sguardo sfuggente, chi più a lungo, lasciandosi irretire da quelle
occhiate.
In effetti – pensava Ale, mentre continuava a camminare con
la sua andatura sostenuta – nessuno prima si guardava negli occhi cosi
apertamente. Il fatto è – rimuginava tenendo il filo dei suoi pensieri – che
queste mascherine ti costringono a vedere solo una parte del viso, e già questo
crea curiosità; ma poi nella parte scoperta ci sono appunto gli occhi, sempre
in movimento, sempre lucenti con queste giornate azzurre e luminose…. E poi
quando un uomo mi guarda negli occhi io non resisto, mi sento sciogliere e non
posso fare a meno di iniziare a sognare. A occhi aperti, appunto.
Quelle passeggiate lo agitavano, dieci uomini incrociati
erano per lui dieci storie appena iniziate e tenute in sospeso…. Occhi bruni e
penetranti, occhi chiari e limpidi come laghi di montagna, sguardi maliziosi,
occhiate timide e piene di promesse, sguardi ammaliatori, sguardi sfuggenti di
chi se la tira, lampi seduttivi…. Ale era quasi ossessionato da tutto quello
scrutare!
Se poi disgraziatamente uno di quegli uomini commetteva
l’errore, certo distrattamente, di toccarsi la patta, sistemarsi appena il
cavallo, infilarsi una mano in tasca era la fine. Alessandro doveva correre a
casa a farsi qualche impacco di acqua fresca sulle tempie. In effetti bisogna
dire a suo favore che 40 giorni di pura astinenza sono tanti per tutti, e nel
suo caso erano decisamente insopportabili.
Ma allora avevo ragione – esclamava tra sé e sé – non era
uno sguardo qualsiasi, quello ci stava provando … mi ha mandato un segnale
chiarissimo. Mio dio! Ed io che ho fatto la sostenuta, ho tirato dritto senza
neanche voltarmi … Oh che sciocca! Alessandro amava, ed ama ancora, avere
conversazioni con se stessa sempre al femminile, era un gioco che lo rilassava
e lo divertiva. D’altra parte anche col suo amico Matteo si palavano sempre al
femminile. Era un fatto di sensibilità, si sentivano molto più a loro agio nei
panni, figuràti, di una signora che a seconda delle circostanze poteva essere
una popolana sguaiata e scurrile, una elegante dama, una ragazza giovane e
ingenua, una sciura navigata e petulante.
Una mattina, era ormai la piena primavera del 2020,
Alessandro era uscito di buon’ora per fare la sua coda al discount di via
Ostiense, il tempo era bellissimo e la temperatura cominciava a far circolare
il sangue più velocemente, quando notò che in fila, poco avanti a lui, c’era un
uomo sui 40, ben messo, in tuta da ginnastica dai pantaloni aderenti. Il tipo
sembrava un po’ insofferente e si girava spesso indietro, come se aspettasse
qualcuno o guardasse qualcuno. In effetti più di una volta sembrava davvero che
guardasse Alessandro. Sta guardando me? – sussurrava muto a se stesso
Alessandro - è mai possibile che mi stia lanciando segnali? Alessandro non riusciva
a decifrare bene anche perché l’uomo portava occhiali da sole. Mannaggia! Disdetta! Ci mancavano solo gli
occhiali scuri! Non vedo niente… Appena riuscì ad entrare nel super si
precipitò a cercarlo e gli si piazzò accanto, accanto ad un metro ovviamente e
prese a chiacchierare come una macchinetta, lamentandosi della coda,
brontolando che non c’erano più né farina né guanti monouso, dicendo che meno
male che c’era il sole, che lui abitava lì vicino ma che con questo tempo
avrebbe fatto molto volentieri una passeggiata, ma che bella tuta che aveva, e
che non l’aveva mai visto in giro, ma certo doveva abitare nei paraggi, ah nel
palazzo bianco in fondo a via dei Conciatori, che coincidenza, io invece in
cima alla stessa via, ma il portone è in Via Ostiense, e che lo avrebbe
aspettato fuori per fare ritorno insieme, mantenendo il distanziamento certo,
ecce ecc.
L’altro era veramente di poche parole ma lo lasciava parlare
e in qualche modo lo incoraggiava. Intanto si era tolto gli occhiali e Ale era
rimasto folgorato, anzi folgorata dal suo sguardo malandrino e quando Antonio
gli aveva strizzato l’occhio, subito fuori dal super, Ale era virtualmente
stramazzata a terra.
Ora nasceva il problema più grosso. Come fidarsi di uno
sconosciuto in tempo di Covid 19? Antonio era stato chiaro: <Ho bisogno di
scopare, sono 30 giorni che sto a secco, io sono pulito, vivo da solo, lavoro
da casa online e non ho avuto contatti con nessuno. Tu stai nella mia stessa
situazione>?
Sì, stava nella sua stessa situazione, niente contatti,
niente sesso da un millennio e una gran voglia …. Ma doveva prendere tempo, non
voleva lasciarselo scappare e insieme non era pronto. Oddio, che fare?
<Scambiamoci il cell> aveva concluso Antonio salutandolo, <e la
fortuna è dalla nostra parte, abitiamo a 300 m di distanza>.
Nei giorni successivi Alessandro aveva cercato di rilassarsi
cercando di non pensare ad Antonio. Aveva sinceramente sperato che lui non lo
cercasse e intanto provava a distrarsi con gli sguardi degli sconosciuti per
strada. Ma non funzionava granché. Sapeva che se Antonio lo avesse cercato
difficilmente avrebbe avuto la forza di dirgli di no, ma nello stesso tempo
aveva paura. Era come se la cosa proibita la rendesse irresistibile, come
succede quando hai comperato una cosa da mangiare speciale, che ti piace molto
e che ti sei ripromesso che sarà la tua cena, ma passi e ripassi dalla cucina
un po’ trattenendoti e un po’ centellinando …. Ma in questo caso non c’era
niente da centellinare. O sì o no. E poi nel caso della scopata – rimuginava
ancora – il rischio non è di avere trasgredito, il rischio è una malattia
grave. Gli sembrava di essere ripiombato negli anni dell’Aids, ma allora una
cosa a cui attaccarsi c’era, “Fallo con il preservativo, è sicuro!”
recitava lo slogan di una pubblicità degli anni ’90. Ma in fin dei conti – si
diceva scacciando i brutti pensieri – che rischio corro se è un mese che lui non
vede nessuno? Insomma gli sembrava di essere finito in un vicolo cieco, alternando
momenti di euforia e di sconforto.
Il quarto giorno era infine arrivato il messaggio: <Ho
una voglia che sto per esplodere. Mi piaci. Ti va oggi pomeriggio?>.
Divertente, credibile, c'ho visto un mio amico... La lettura giusta per alleggerire questi tempi, anche un esempio da seguire.... Corro al supermarket
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